COVID: La seconda ondata è più dura di Marzo
Abbiamo bisogno degli altri, ma gli altri ci possono contagiare, per cui siamo intrappolati nel bisogno disatteso. Che effetto ha sulla nostra psiche tutto questo?
E’ proprio vero, questa situazione sanitaria va contro un bisogno fondamentale dell'essere umano: il bisogno di affiliazione e di affetto, a cui le persone reagiscono in modi disparati.
Alcuni, più responsabili, tengono duro, affidandosi ai contatti telefonici, alle videochiamate e ai mezzi tecnologici, altri si ribellano alle restrizioni, cercando comunque il contatto con gli altri e organizzando aperitivi, cene e addirittura feste nelle proprie case.
Altri ancora, per paura e per non entrare in angoscia, negano l'esistenza del virus e della realtà dolorosa, come Sigmund Freud ha ben descritto.
Personalmente ritengo che il senso di responsabilità non debba mai mancare e i problemi debbano essere affrontati con coraggio, non nascondendo la testa sotto la sabbia.
Purtroppo, il periodo pre-pandemia era caratterizzato da un'eccessiva superficialità, dal volere apparire a tutti i costi, un falso ottimismo tipico di coloro che, in nome dell'apparenza, facevano finta di niente e negavano la realtà, ricordiamoci che l'ottimismo esagerato non è corretto, come il pessimismo feroce del resto, perché nella vita occorre essere realisti.
Su questo terreno di superficialità e apparenza, il virus si è rivelato devastante.
Stiamo facendo i conti con un nemico invisibile che sovrastimiamo o sottostimiamo, ma che fa danni irreversibili sul nostro stato psico fisico, quale atteggiamento potrebbe contrastarlo?
Alla luce della mia precedente risposta, ritengo che debba essere contrastato con il giusto equilibrio.
In altre parole, la consapevolezza che il pericolo esiste ma che ci sono comportamenti efficaci per ostacolarlo: l'uso dei presidi, dei distanziamenti, della tecnologia per mantenere i contatti, vedere i familiari e le persone care in sicurezza, rafforzare i legami veri e lasciar perdere quelli basati sull'opportunismo e sulla superficialità.
Un vero amico è colui che sa ascoltarti e aiutarti nel momento del bisogno, non quello con cui “fare festa” e non mi riferisco solo ai giovani, ma anche ai meno giovani.
Molti sessantenni prima della pandemia si comportavano peggio degli adolescenti.
Il disagio psicologico si manifesta anche dopo mesi?
Certamente perché questa pandemia ha creato nelle persone, chi più e chi meno, un Disturbo Post Traumatico da Stress con una specifica sintomatologia: ansia, attacchi di panico, depressione, ossessività, irritabilità, disturbi del sonno, dell'alimentazione, stato di paura del futuro e senso di impotenza.
Qual'è la motivazione?
I traumi avvengono in modo improvviso, inaspettato e creano un senso di impotenza.
Alcune persone si sono trovate anche a fronteggiare veri e propri problemi fisici, come dolori alle gambe, alla schiena, per la tensione nervosa repressa. La situazione di ripresa della pandemia dopo il primo lockdown è stata ancora più dura perché ha creato un nuovo trauma sulla ferita precedente.
Cosa possiamo fare per sfruttare al meglio questo periodo?
Potremmo approfittare per riflettere su sé stessi e porsi obiettivi di miglioramento per il futuro, fare un esame delle persone che ci circondano scegliendo quelle più in sintonia con noi stessi.
Mettersi in gioco in nuove attività, aprire la mente, il cuore, imparare la collaborazione, scambiarsi idee, se ci si ritrova in categorie maggiormente esposte alla chiusura di attività, uscire dall'individualismo perché siamo tutti interconnessi e capire cosa questo evento doloroso ci ha insegnato.
Aggiungo imparare il valore della salute, dell'attività fisica a contatto con la natura, il gusto delle cose semplici, il valore della propria casa.
Molti hanno approfittato del momento per fare lavori a casa, per buttare cose inutili di cui nel passato si sono riempiti...
Insomma riflettere su sé stessi e sulla vita, questo è importante per mantenere la rotta della barca su cui siamo, tanto per fare una metafora.
Non dimentichiamo di ringraziare le persone che ora e nel passato ci sono state vicine e ci hanno insegnato qualcosa.
Qualche lettore penserà: "Ma questa è un prete?". No, sono una psicoterapeuta che da 40 anni segue molti percorsi di vita ... ciò che semini e curi raccoglierai.
di MARIA CRISTINA STROCCHI | 26/02/2021
Abbiamo bisogno degli altri, ma gli altri ci possono contagiare, per cui siamo intrappolati nel bisogno disatteso. Che effetto ha sulla nostra psiche tutto questo?
E’ proprio vero, questa situazione sanitaria va contro un bisogno fondamentale dell'essere umano: il bisogno di affiliazione e di affetto, a cui le persone reagiscono in modi disparati.
Alcuni, più responsabili, tengono duro, affidandosi ai contatti telefonici, alle videochiamate e ai mezzi tecnologici, altri si ribellano alle restrizioni, cercando comunque il contatto con gli altri e organizzando aperitivi, cene e addirittura feste nelle proprie case.
Altri ancora, per paura e per non entrare in angoscia, negano l'esistenza del virus e della realtà dolorosa, come Sigmund Freud ha ben descritto.
Personalmente ritengo che il senso di responsabilità non debba mai mancare e i problemi debbano essere affrontati con coraggio, non nascondendo la testa sotto la sabbia.
Purtroppo, il periodo pre-pandemia era caratterizzato da un'eccessiva superficialità, dal volere apparire a tutti i costi, un falso ottimismo tipico di coloro che, in nome dell'apparenza, facevano finta di niente e negavano la realtà, ricordiamoci che l'ottimismo esagerato non è corretto, come il pessimismo feroce del resto, perché nella vita occorre essere realisti.
Su questo terreno di superficialità e apparenza, il virus si è rivelato devastante.
Stiamo facendo i conti con un nemico invisibile che sovrastimiamo o sottostimiamo, ma che fa danni irreversibili sul nostro stato psico fisico, quale atteggiamento potrebbe contrastarlo?
Alla luce della mia precedente risposta, ritengo che debba essere contrastato con il giusto equilibrio.
In altre parole, la consapevolezza che il pericolo esiste ma che ci sono comportamenti efficaci per ostacolarlo: l'uso dei presidi, dei distanziamenti, della tecnologia per mantenere i contatti, vedere i familiari e le persone care in sicurezza, rafforzare i legami veri e lasciar perdere quelli basati sull'opportunismo e sulla superficialità.
Un vero amico è colui che sa ascoltarti e aiutarti nel momento del bisogno, non quello con cui “fare festa” e non mi riferisco solo ai giovani, ma anche ai meno giovani.
Molti sessantenni prima della pandemia si comportavano peggio degli adolescenti.
Il disagio psicologico si manifesta anche dopo mesi?
Certamente perché questa pandemia ha creato nelle persone, chi più e chi meno, un Disturbo Post Traumatico da Stress con una specifica sintomatologia: ansia, attacchi di panico, depressione, ossessività, irritabilità, disturbi del sonno, dell'alimentazione, stato di paura del futuro e senso di impotenza.
Qual'è la motivazione?
I traumi avvengono in modo improvviso, inaspettato e creano un senso di impotenza.
Alcune persone si sono trovate anche a fronteggiare veri e propri problemi fisici, come dolori alle gambe, alla schiena, per la tensione nervosa repressa. La situazione di ripresa della pandemia dopo il primo lockdown è stata ancora più dura perché ha creato un nuovo trauma sulla ferita precedente.
Cosa possiamo fare per sfruttare al meglio questo periodo?
Potremmo approfittare per riflettere su sé stessi e porsi obiettivi di miglioramento per il futuro, fare un esame delle persone che ci circondano scegliendo quelle più in sintonia con noi stessi.
Mettersi in gioco in nuove attività, aprire la mente, il cuore, imparare la collaborazione, scambiarsi idee, se ci si ritrova in categorie maggiormente esposte alla chiusura di attività, uscire dall'individualismo perché siamo tutti interconnessi e capire cosa questo evento doloroso ci ha insegnato.
Aggiungo imparare il valore della salute, dell'attività fisica a contatto con la natura, il gusto delle cose semplici, il valore della propria casa.
Molti hanno approfittato del momento per fare lavori a casa, per buttare cose inutili di cui nel passato si sono riempiti...
Insomma riflettere su sé stessi e sulla vita, questo è importante per mantenere la rotta della barca su cui siamo, tanto per fare una metafora.
Non dimentichiamo di ringraziare le persone che ora e nel passato ci sono state vicine e ci hanno insegnato qualcosa.
Qualche lettore penserà: "Ma questa è un prete?". No, sono una psicoterapeuta che da 40 anni segue molti percorsi di vita ... ciò che semini e curi raccoglierai.
di MARIA CRISTINA STROCCHI | 26/02/2021